Mario Dassovich, storico della sua Fiume e ultimo testimone del suo Novecento
Con la dolorosa scomparsa di Mario Dassovich, avvenuta a Trieste a metà maggio, si estingue la folta ed appassionata schiera di studiosi fiumani che vissero in prima persona il dramma di Fiume al volgere della seconda guerra mondiale, serrata come fu negli anni 1943-1947 nella tenaglia dell’occupazione nazista prima e jugoslava poi, in entrambi i casi consapevole della sua estrema fragilità e dell’altissimo rischio al quale era rimasta esposta senza difese, sino alla definitiva cessione sancita dal trattato di pace.
Ricchissima la sua bibliografia, che comprende volumi, saggi, articoli ed interventi dedicati ai molti aspetti, storici ed economici, della sua città nel Novecento nel più ampio contesto del confine orientale italiano e dell’aspro contenzioso internazionale che la vide oggetto delle rivendicazioni di Tito, le cui truppe entrarono a Fiume, città ormai aperta, il 3 maggio 1945. Per la seconda volta – dopo la fine della Grande Guerra, quando al tavolo della pace il suo status rimase sospeso e controverso suscitando in Italia quel movimento d’opinione e di mobilitazione che condusse d’Annunzio a porsi alla guida della clamorosa «Impresa» –, la città adriatica conobbe l’angoscia dell’incertezza e la certezza dell’abbandono.
In quel contesto il futuro storico Dassovich, allora studente diciassettenne, non mancò – come altri esponenti fiumani – di tentare una qualche forma di resistenza democratica al regime di occupazione jugoslava e alle sue pretese circa la destinazione statuale del centro quarnerino. Di orientamento cattolico, si affiliò ad un ristretto nucleo di attivisti che enumerava anche alcuni sacerdoti ed anziani esponenti del Partito Popolare, la cui esistenza, scoperta dalla polizia politica jugoslava – la famigerata «Ozna» –, portò all’arresto e alla condanna dello stesso Dassovich, cui vennero comminati 15 anni di lavori forzati.
Trascorsi tre anni e mezzo nelle carceri jugoslave, fu incluso nel numero di 20 italiani «scambiati» con 52 detenuti jugoslavi in Italia, secondo accordi previsti dal trattato di pace per i connazionali che avessero presentato domanda di «opzione» per l’Italia alle autorità di Belgrado.
Ripresi gli studi in patria, si laureò in Scienze Politiche nell’Università di Trieste e successivamente conseguì il Masters of Arts in Economia alla Columbia University di New York. Fu per diversi anni funzionario di imprese pubbliche ed assessore provinciale al Bilancio, nonché assistente nella Facoltà di Economia e Commercio di Trieste.
Dal 1952 iniziò la collaborazione con la appena rinata – a Roma – rivista “Fiume”, rifondata a cura della Società di Studi Fiumani, sulla quale pubblicò, sul primo numero, Gioventù fiumana contro Tito nel 1946 e sul secondo Nelle prigioni di Tito, memorie preziose del clima instaurato dal regime comunista jugoslavo in tutta la Venezia Giulia. La sua esperienza nella Rivista e il ruolo da questa svolto nella ripresa degli interessi per la storia e la cultura della città adriatica avrebbero trovato forma di racconto e di saggio decenni più tardi, nel volume La Fiumara e le sue due sponde, Aspetti della questione adriatica: la pubblicazione a Roma della rivista Fiume negli anni 1952-1976 (Del Bianco, 1997), ricco di fonti e di documenti inediti con il quale lo storico ha ricostruito le personalità e le biografie intellettuali di studiosi della caratura di Giorgio Radetti, di Enrico Burich e di altri, che condivisero l’impegno di rilanciare nella nuova condizione di esuli nella Madrepatria le ragioni di una storia antica e straordinariamente complessa.
Il suo nome è legato ad un’amplissima produzione saggistica della quale si ricordano, tra gli altri, i volumi Dalmazia e Venezia Giulia dal 1918 al 1939, Arti Grafiche E. Cossidente 1985; Italiano in Istria e a Fiume 1943-1977, Lint 1990; I molti problemi dell’Italia al Confine Orientale, Del Bianco 1996; Sopravissuti alle deportazioni in Jugoslavia, Bruno Fachin Editore 1997; Fronte Jugoslavo 1943, La fase finale delle operazioni dell’esercito italiano sull’opposta sponda adriatica durante la seconda guerra mondiale, Del Bianco 2000; 1945-1947 anni difficili e spesso drammatici per la definizione di un nuovo confine orientale italiano, Del Bianco 2005; Il Quarnero fra geografia e storia, Del Bianco 2009.
Del suo metodo di lavoro erano noti, se non proverbiali quasi, la meticolosità e il rigoroso controllo e confronto delle fonti, come si addice – ma oggi con molte eccezioni – all’autentico storico. Se la comunità degli studi adriatici perde con Dassovich l’ultimo esponente che sia stato anche testimone, l’eredità non è persa e il patrimonio di conoscenze e di metodi alimenta quella stessa Società di Studi Fiumani che ne prosegue egregiamente il lavoro e in quanti operano con equilibrio e scienza nella divulgazione della storia giuliana e dalmata non limitatamente ai tragici e incontrovertibili eventi del Novecento.
Patrizia C. Hansen
Ufficio Stampa
Anvgd / Sede nazionale