In questo 18esimo appuntamento in ricordo di padre Flaminio Rocchi, l’Apostolo degli Esuli giuliano-dalmati, ci soffermiamo sulle pagine del libro ANVGD a lui dedicato, in particolare sul suo rapporto con la fede e il francescanesimo che ha vissuto ed incarnato per tutta la vita.
Dopo la foto trovate gli argomenti e i link delle precedenti puntate.
La fede di Flaminio aveva tutte le caratteristiche morfologiche della sua Neresine. Granitica come la pietra carsica che si spinge fino al Quarnaro. Indomabile come la bora che spazza via ogni residuo dell’ultimo temporale. Convinta come la forza dell’onda che si infrange sullo scoglio nel tentativo mai domo di vincere la sua eterna battaglia contro la roccia.
L’orgoglio del suo carattere era anche l’orgoglio della sua fede. Ma non amava il potere. Le sue umili origini lo avevano inevitabilmente spinto tra le braccia del Poverello di Assisi. Non amava i potenti ma li considerava degni del suo rispetto come ogni essere umano. I potenti, invece, lo amavano: erano affascinati dal suo fare semplice ma coltissimo, elementare ma pieno di cultura. Un po’ come era accaduto a San Francesco nell’accreditarsi al soglio di Innocenzo III. Confessore di vescovi e cardinali, sapeva mantenere la sua umiltà francescana in ogni occasione.
Chiunque ricorderà di certo le sue omelie: quei sermoni pregni di cultura, filosofia e storia, miracolosamente tradotti in entusiasmanti racconti, comprensibili anche all’udito più disattento. Non c’è orecchio che non rimanesse estasiato dalla musicalità di quelle parole. Non c’era preparazione culturale, dalla più infima alla più dottorale, che non percepisse quelle frasi come qualcosa di mai udito. Così le sue parole erano richieste ovunque: manifestazioni celebrative, convegni, ricorrenze, matrimoni, battesimi e… funerali. Sì perché nessuno come lui conosceva uno per uno le anime degli Esuli, le loro storie, i loro intrecci familiari. E anche nell’ora dell’estremo saluto sapeva trovare le parole (mai le stesse), che potessero essere sì di conforto al dolore del momento, ma che rappresentassero anche il suggello morale di una vita, un timbro di ceralacca che chiudesse l’esperienza terrena di ogni uomo. In queste occasioni amava raccontare dell’uomo, farne una serena biografia con le tinte dell’acquerello e trovare continuamente punti di contatto con le Sacre Scritture. Era il suo dono, il suo arrivederci all’anima che lasciava questo mondo. Fino a quando con tutte loro si è ricongiunto.
Un ultimo ricordo dei suoi ultimi anni nel Quartiere giuliano-dalmata di Roma. Era per lui d’abitudine, a causa delle ormai deboli forze fisiche, limitarsi a concelebrare la Messa nella chiesa di San Marco. Accettava ciò con rassegnazione e obbedienza. Ma preparava sempre ugualmente l’omelia, pur sapendo che non era suo compito. Lo faceva perché non avrebbe mai voluto farsi trovare impreparato se, per un caso fortuito, all’ultimo momento fosse stato assente il celebrante principale.
Da una lettera del 1999 a Leila Retti.
«Io ho un istinto naturale verso Dio, lo ho arricchito sui Vangeli, lo ho purificato con il suggerimento della Chiesa, lo ho irrobustito con gli scritti dei Santi Padri, poi ho preso la vita personale di San Francesco e mi sembra di intuire Dio in tutte le creature, anche nei profughi. Senza ragionare troppo, intuisco la presenza di Dio nella bontà contro la cattiveria, nella bellezza contro le cose brutte, nell’amore contro l’odio, nella vita, anche eterna, contro la morte. Della mia vita ho fatto un’avventura. Osservo ciò che è differente: mi incuriosisce, mi diverte, non mi fa soffrire.
Sono arrivato al termine della mia vita con queste idee e sono contento. Domani mi troverò felice davanti al mio Dio, Dio di San Giovanni e di Giuda, della Madonna e della Maddalena, di Maometto e di Lutero, del Premio Nobel e del mongoloide, del Papa e della vecchietta analfabeta.
Dio ci ha posto sulla terra, non per recitare artisticamente il nostro Credo, ma per vivere la nostra parte: chi vola come l’aquila-San Giovanni nel cielo luminoso della teologia e chi va sfogliando le figurine dei santini al lume di candela; chi assiste a un pontificale sotto le volte di una basilica e chi va biascicando in un angolo di casa una Ave Maria sgrammaticata. Ambedue sono cari al nostro Gesù. Lui non è né regista, né critico letterario. Per questo mi è tanto simpatico. »
Da una lettera a Mario de Vidovich del 2003.
«[…] Sono lieto di aver tentato di trasformare la ma lunga vita francescana in una pagina di assistenza evangelica. Il mio contatto con te e con altri ottimi laici mi ha arricchito di una esperienza preziosa. Spesso ho dovuto ritirarmi come espressione di un sacerdozio e di una religione che ha portato nelle nostre terre un patrimonio eccezionale anche di cultura latino-veneta (chiese, opere d’arte, tradizioni).
A mio parere la nostra religione è stata uno dei pilastri principali della cultura e della civiltà delle nostre terre. Se io svuotassi queste terre di tutte le opere religiose esse si ridurrebbero ad una conchiglia vuota. Questo è il mio unico rimpianto.»
Intervento sulla versione televisiva di San Francesco, interpretato da Raoul Bova.
«San Francesco volle che i suoi frati non fossero dei bravi professionisti, ma prima di tutto personalmente dei Santi, dei poveri, dei mendicanti, dei servi come il minore francescano di S.Antonio che guariva gli altri e lui morì a 35 anni, o come Ginepro Serra, che, mentre i conquistatori spagnoli cercavano oro nelle Americhe, andò con gli indiani, imparò la loro lingua e cantava con loro, o come il francescano conventuale Massimiliano Kolbe, che morì avvelenato in un carcere per salvare la vita di un padre di famiglia, o come il francescano cappuccino Padre Pio che usò tutte le sue offerte per fare il grande ospedale per le sofferenze degli altri, e lui morì senza testamento.
[…] Francesco vestì i frati come i servi della gleba con una tunica stretta da una corda. Li volle scalzi in piccoli conventi. Li chiamò “fratelli minori”, non con un abate ma con un “fratello guardiano”. E ciò, non per fare lo straccione, ma perché Gesù, pur potendo essere un ricco mercante con i miracoli del pane, del vino, dei pesci, delle guarigioni, e pur potendo vivere in un palazzo a Gerusalemme, preferì nascere in una stalla, vivere in Egitto come profugo, abitare a Nazareth con la madre e con S. Giuseppe in una sola stanza, essere spogliato sul Calvario.
[…] Sapeva che il suo Gesù era vissuto mille cento anni prima di lui. Ma sapeva che Gesù, come Dio, viveva il passato e il futuro come presente e gli piaceva immaginare che Gesù lo vedeva tra i pastori di Betlemme, tra i dodici apostoli e sotto la sua croce sul Calvario. Per questo il suo Ordine ha avuto 118 santi, 230 beati, 6 mila martiri, Oggi conta 37 mila frati minori, cappuccini, conventuali, 19 mila monache clarisse, 300 mila suore assistenziali.
Per questo Stalin ha detto “ci vorrebbe un San Francesco per continente”, Ghandi “ci vorrebbe un San Francesco per secolo” e Clemenceau “basterebbe una goccia del suo sangue per riformare l’Europa”. Per questo i protestanti hanno detto al Papa: “per arrivare a Roma bisogna passare per Assisi”. E lo stesso Papa ha riunito i capi di tutte le religioni, non a Roma, ma in Assisi. E per questo gli istriani hanno costruito tredici conventi per i suoi frati.»
Risposta a un esule che si era espresso con maledizioni contro gli autori degli infoibamenti in Istria.
«Caro Signore, conosco la Sua esuberanza patriottica. Lei ha affidato addirittura la sua maledizione a un biglietto di 50 mila lire. Ma penso che non arriverà al bersaglio. “Dio stramaledica la perfida Albione” si gridò a Roma contro l’Inghilterra. E questa vinse la guerra. Io sono un francescano, di quelli “Pace e Bene”. Gesù sul Calvario piantò una bilancia che al posto dei due piatti presenta due chiodi. Il bene, non stupido, non vigliacco, rende più di una maledizione, di una parola fatta di rabbia. S. Filippo Neri: “vale più una goccia di miele che un barile di aceto”. E’ difficile. Ma di là dell’Adriatico, dopo 50 anni, molti riconoscono che i profughi avevano ragione. Altri lo pensano nell’intimità della famiglia o nel silenzio della loro coscienza.»
Dalla lettera a Mons. Antonio Vitale Bommarco in occasione dell’invio dell’ultima edizione del libro sull’Esodo.
«Ho dedicato un capitolo sulla nostra Cherso e un altro sulle persecuzioni religiose. Ho sottolineato la presenza secolare del francescanesimo con particolare riferimento a due martiri: Padre Placido Cortese da Cherso e Padre Emanuele Ongaro, guardiano a Pisino, ambedue martiri della carità, uccisi dai tedeschi.
Ho intenzione di pubblicare uno studio a parte sulla condotta del clero durante il periodo convulso e difficile della guerra. Ci ha lasciato una testimonianza di sacerdoti forti nella fede, generosi nella carità, eroici anche nel sacrificio. Certa politica cerca di spazzarli via dalla storia come nazionalisti poveri e imprudenti. Hanno lasciato, invece, una testimonianza eccezionale per i fedeli e per i nostri giovani seminaristi.»
Nel 1997 Padre Flaminio ringrazia Olimpia Motta per avergli inviato le medaglie celebrative degli ultimi quattro papi. Con l’occasione le ricorda la sua esperienza con loro.
«Papa Roncalli: “Eccolo qui il nostro frate profugo” mi disse sorridendo. Con Papa Montini ho avuto il primo incontro nel 1947 quando era Segretario di Stato e Pio XII istituì la Pontificia Opera di Assistenza proprio in occasione dell’esodo da Pola. Luciani è stato Papa per un mese e io ho avuto con lui tre colloqui dialettali. Con Papa Woityla ho concelebrato due volte la S. Messa nella sua cappelle privata. E’ straordinario conoscere questi uomini nella vita privata, confidenziale. Sono molto contento di essere un loro sacerdote.»
Da una lettera del 2002 a Dino Boffo, direttore di Avvenire.
«[…] Mi ha fatto piacere apprendere che la Diocesi croata di Fiume e quella italiana di Trieste hanno introdotto la causa di beatificazione di alcuni sacerdoti uccisi in Istria durante la seconda guerra mondiale. Non avanzo rivendicazioni politiche, né sentenze di tribunali. Mi auguro che i sacerdoti italiani, croati e sloveni si incontrino oggi insieme intorno all’altare di Gesù e che i loro popoli si ritrovino nella grande famiglia europea del cristianesimo.»
1. puntata: biografia sintetica https://www.anvgd.it/notizie/14901-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-1-12mar13.html
2. puntata: vita da cappellano militare https://www.anvgd.it/notizie/14913-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-2-14mar13.html
3. puntata: l’esperienza di cappellano militare in Corsica https://www.anvgd.it/notizie/14945-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-3-19mar13.html
4. puntata: i ricordi della sua Neresine https://www.anvgd.it/notizie/14961-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-4-22mar13.html
5. puntata: l’impegno nell’ANVGD https://www.anvgd.it/notizie/14987-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-5-26mar13.html
6. puntanta: le Foibe https://www.anvgd.it/notizie/15014-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-6-02apr13.html
7. puntana: l’Esodo giuliano-dalmata https://www.anvgd.it/notizie/15034-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-7-04apr13.html
8. puntata: Trattato di Osimo e rapporti con la ex Jugoslavia https://www.anvgd.it/notizie/15055-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-8-09apr13.html
9. puntata: l’assistenza agli Esuli https://www.anvgd.it/notizie/15080-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-9-11apr13.html
10. puntata: la cruda realtà della profuganza https://www.anvgd.it/notizie/15081-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-10-06mag13.html
11. puntata: le critiche https://www.anvgd.it/notizie/15100-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-11-08mag13.html
12. puntata: la riconoscenza degli Esuli https://www.anvgd.it/notizie/15128-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-12-10mag13.html
13. puntata: la prima edizione de “L’esodo dei 350mila...” https://www.anvgd.it/notizie/15138-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-13-13mag13.html
14. puntata: le interviste https://www.anvgd.it/notizie/15169-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-14-16mag13.html
15. puntata: l’ultima edizione de “L’Esodo dei 350mila…” https://www.anvgd.it/notizie/15193-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-15-20mag13.html
16. puntata: Difesa Adriatica https://www.anvgd.it/notizie/15213-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-16-22mag13.html
17. puntata: epistolario https://www.anvgd.it/notizie/15228-2013-lanno-di-padre-flaminio-rocchi-17-22mag13.html