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16 set – Stella: quei nomi italiani che ci ostiniamo a non usare

di Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera del 15 settembre 2010

 

Si scrive Juraj, si legge Giorgio
 

Juraj Dalmatinac, chi era costui? È la domanda che si sono fatti un po’ di lettori leggendo il supplemento di «Bell’Europa», la rivista di Giorgio Mondadori, dedicato alla Croazia. Dove si descrive tra l’altro la bellezza della cattedrale di San Giacomo di Sebenico «capolavoro di Juraj Dalmatinac». Il fatto è che l’artista è in realtà quello che i veneziani in un documento del 1441 chiamano «Maestro Giorgio lapicida, del fu Matteo da Zara, abitante a Venezia, attualmente risiedente a Sebenico». Noto anche come Giorgio Orsini. Di nascita, nome, cultura, scuola veneziana.

Ora, noi possiamo benissimo continuare a chiamare Niccolò Copernico il polacco Mikolaj Kopernik e chiamare Giovanni Keplero il tedesco Friedrich Johannes Kepler e chiamare Linneo lo svedese Carl Nilsson Linnaeus: così si è fatto per secoli. E va da sé che i croati possono benissimo continuare a chiamare Giorgio di Matteo col nome di Juraj Dalmatinac. Ma perché mai dovremmo accettare noi il nome «loro»? È una questione non nuova, ma vale la pena di tornarci su. Anche perché sulla stessa rivista (peraltro bella e ricca) diverse località che per secoli hanno avuto un nome veneziano, sono citate col solo nome croato. O comunque, anche quando c’è quello italiano, il nome croato ha sempre la precedenza: Pula, Rijeka, Zadar, Split… Cosa che nessuno si sognerebbe di fare chiamando per il lettore italiano Monaco München, Vienna Wien, Stoccolma Stockholm o Danzica Gdansk. Nessuno.

Sia chiaro: alla larga dal revanscismo. La storia è andata così. Ed è vero che la venezianissima Zara, ad esempio, dopo la pulizia etnica che la svuotò degli italiani, è oggi a stragrande maggioranza croata. Amen. Ma un po’ di rispetto la storia lo impone. E ha ragione Carlo Giovanardi che in una lettera, dopo aver ricordato le polemiche sulla toponomastica in Sudtirolo, scrive: «Nel momento in cui la Croazia sta per entrare nell’Europa unita, mi sembra molto debole l’argomento che gli italiani oggi a Zara non ci sono più». Perché «centinaia di milioni di europei, di cui i croati saranno tra poco parte, hanno il diritto a non vedere la storia e la cultura tedesca cancellate a Bolzano, quella slovena a Trieste e quella italiana a Zara».

Conclusione: dato che gli slavi addebitano al fascismo proprio il crimine di aver tentato di cancellare la loro identità, che senso ha che insistano oggi nello stesso sopruso? «Sarà un bel giorno quello nel quale nel centro storico di Zara per esempio, si possa di nuovo leggere dopo il nome croato di Ulica Frederica Grisogona, Ulica Iurja Barakovica, Ulica Knezova Subic Bribirskic e Siroka Ulica, come vennero ribattezzate nel 1945 dai croati che ripopolarono la città, gli antichi nomi italiani, di certo non compromessi con il fascismo, che erano rispettivamente Calle del Paradiso, Calle del Conte, Via dei Tintori e Calle Larga».

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