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11 ott – Dalmati a Orvieto: festa, incontri e riflessioni

Cinquantasettesimo Raduno dei Dalmati ad Orvieto. Una scelta dettata da diverse ragioni: due in particolare, il fatto che alle ultime elezioni un dalmata, Antonio Concina, sia state eletto Sindaco, e poi la valenza del luogo stesso. Anche Orvieto – ha sottolineato Lucio Toth nel suo intervento all’Assemblea – “fu nei millenni e nei secoli città di frontiera. Qui si scontravano  per generazioni con odi radicati Etruschi, Latini e Italici. Parlavano lingue diverse, adoravano divinità diverse, seppellivano i loro morti con riti diversi”. Eppure il tempo ha determinato una pacificazione che ora è ricchezza e comunione. Potrà – si chiede Toth – un giorno la Dalmazia essere etnicamente pacificata come l’Umbria d’oggi? Domanda retorica se la storia ha già risolto problemi profondi altrove, vicino o lontano nel mondo. Una speranza quindi più che un interrogativo che ha già un fondamento. I segnali ci sono: immediati, come la presenza di un folto gruppo di appartenenti alle Comunità degli Italiani delle città dalmate al Raduno di Orvieto; epocali, come l’incontro dei tre Presidenti a Trieste al concerto diretto da Muti che hanno riconosciuto con quel gesto la presenza degli italiani sulle rive dell’Adriatico orientale ma anche l’esistenza di un esodo per tanto tempo negato, o quanto meno sminuito nelle sue dimensioni e significati.

E non a caso una giovane parlamentare, Daniela Melchiorre, – proprio ad Orvieto – racconta di volere “rivelare oggi in particolar mondo di essere figlia di una fiumana, di sentire il richiamo forte delle radici”. E tutto questo l’ha portata a formulare una Proposta di Legge che impegni chi si occupa della costa orientale dell’Adriatico attingendo a finanziamenti pubblici di usare la toponomastica italiana nel rispetto della stroia e della cultura di queste terre.

Il Ministero dell’Istruzione, – confermano Codarin, Brazzoduro, Rovis nei loro interventi – è al nostro fianco nel processo di introduzione nella scuola di pagine di storia che ci riguardano. Un processo fondamentale se è vero che “dopo di noi, ciò che rimarrà sarà la conoscenza di ciò che siamo stati nel processo di formazione dell’Italia e nel suo sviluppo, nel bene e nel male, in momenti di grande crescita e nelle tragedie del Novecento. Tutto ciò va detto e conosciuto”.

Importante il contributo che in questo cammino può dare la comunicazione: da qui il premio Tommaseo ad un grande del giornalismo, Paolo Mieli.

Capita di ricevere premi, ci si compiace – ha detto ai Dalmati riuniti in assemblea ad Orvieto -. Questo però è particolare. Quando Concina me l’ha comunicato ho provato commozione poi condivisa con Missoni. Non ho origini zaratine e mi sono avvicinato progressivamente ai temi della vostra patria. Perché dunquela commozione? Mi sono reso conto che Zara è la verità del Novecento. Di famiglia ebraica, odio i sistemi totalitari, nazista e comunista,che  hanno causato all’Europa e al mondo delitti che non si dimenticano. Per ragioni storiche il comunismo si è stemperato passando dalla parte dei vincitori. Nonostante ciò commuove che una comunità non abbia mai rinunciato a testimoniare la propria presenza, la verità appunto. Consideratemi, per tanto, uno dei vostri”.

Il resto è stata una festa, di applausi, di abbracci e saluti, di gioia per l’arrivo della fanfara, di momenti conviviali, di preghiera con la benedizione dell’Arcivescovo nel Duomo di Orvieto. Un’altra pietra miliare, insomma, scritta dai Dalmati che si rivelano, ancora una volta, portavoce e vessillo di un sentire comune al quale riescono a dare voce piena e condivisa.

Rosanna Turcinovich Giuricin su www.arcipelagoadriatico.it

 

 

 

(Paolo Mieli nel discorso di saluto dopo aver ricevuto il premio Tommaseo. In fondo, sul tavolo della presidenza, da sinistra Antonio Concina, Renzo de' Vidovich, Lucio Toth e Franco Luxardo – Foto CDM)

 

 

 

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