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06set12 – Janša: ”in ottobre Slovenia senza soldi”

A ottobre la Slovenia potrebbe non essere più in grado di pagare i suoi debiti. Parola del premier sloveno Janez Janša rilanciate dal portale telematico del quotidiano austriaco “Die Presse”. Insomma, ancora un mese di sopravvivenza e poi Lubiana rischierebbe la bancarotta. Ma il problema si fa ancora più complesso perché lo stesso Janša, secondo “Die Presse”, sostiene che al momento la Slovenia non può permettersi di acquisire nuovi debiti. E mentre a Lubiana le parole del premier sembrano passate del tutto inosservate e nel Paese vale la regola del “business as usual”, le stesse hanno provocato invece il panico in Austria che è di gran lunga il Paese maggiore investitore in Slovenia tanto da annoverare da solo il 50% degli investimenti esteri e solo l’anno scorso sono affluiti in Slovenia dall’Austria qualcosa come 5,7 miliardi di euro. 

Qualche campanello d’allarme dovrebbe risuonare però anche in Italia visto che il nostro Paese è secondo nell’interscambio con la Slovenia dopo la Germania e prima dell’Austria. Interscambio che ammonta a circa 6,5 miliardi di euro nel 2011, pari al 40% dell’interscambio commerciale totale tra l’Italia e gli 8 Paesi dei Balcani. E siamo anche il terzo investitore estero nel Paese. Alla Slovenia, come viene ribadito a Lubiana dai principali consessi istituzionali europei, servono riforme strutturali. Ecco allora che il governo si appresta a varare la riforma delle pensioni, cercando di riuscire là dove il precedente governo Pahor fallì, bocciato dal referendum popolare. E, in effetti, la proposta dell’esecutivo Janša, firmata dal ministro del Lavoro, Andrej Vizjak, non si discosta molto da quella clamorosamente respinta dall’elettorato sloveno. 

La bozza prevede che si vada in pensione con 40 anni di contributi e 60 anni di età. Nessuna differenza tra uomini e donne. Chi a 60 anni non avrebbe maturato ancora i 40 anni di contributi dovrà andare in pensione a 65 anni d’età. Il pre-pensionamento sarebbe penalizzato con una diminuzione dello 0,3% della retta pensionistica per ogni mese di anticipo rispetto ai limiti di legge. Assieme alla riforma pensionistica il governo sloveno è intenzionato a varare anche quella del mercato del lavoro. Riforma che prevede un periodo di prova di 5 mesi per i neo-assunti che il datore di lavoro potrà interrompere quando vuole e con 14 giorni di preavviso. Nella fase successiva, fino a due anni di anzianità, il datore di lavoro potrà interrompere il contratto per motivi economici (crisi aziendale) o di colpa grave del dipendente. Dopo i due anni il contratto di lavoro si prolungherà di tre mesi in tre mesi. 

La buonuscita, in caso di licenziamento, ammonterebbe a un quinto dello stipendio. Tagli anche per l’indennità di disoccupazione che dall’80% attuale dello stipendio scenderebbe al 70% nei primi tre mesi di disoccupazione. Anche la cassa integrazione (per usare termini a noi vicini) non andrebbe oltre i 18 mesi. I pensionati e i disoccupati potrebbero però svolgere lavori occasionali o a tempo determinato secondo le linee normative dettate dalla legge varata dal precedente esecutivo Pahor e denominata del “piccolo lavoro”. Ora però il ministro Vizjak dovrà illustrare il progetto di riforma delle pensioni e del mercato del lavoro ai partner di maggioranza per poi dare inizio al confronto con i sindacati. Tempi lunghi, ma il problema è che la Slovenia non se li può permettere. La crisi del sistema bancario è oramai un cancro in piena metastasi. Lo sa il governo, lo sanno i sindacati. Lubiana assomiglia sempre di più ad Atene e c’è già chi prepara il funereo cartello: “Chiuso per fallimento”.

Mauro Manzin
“Il Piccolo” 5 settembre 2012

 

 

 

Un’immagine emblematica dell’attuale situazione economica nella vicina Repubblica (foto www.finance.si)

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