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05 giu – Anagrafe Esuli: il testo completo della protesta ANVGD

Dalla Sede nazionale ANVGD 

Al Com. Gen. dell’Arma dei Carabinieri, Gen.C.d’A. Gianfrancesco Siazzu

Al Sig. Ministro dell’Interno, On. Roberto Maroni

Al Sig. Ministro della Difesa, On. Ignazio La Russa

Roma, 5 giugno 2008

Oggetto: mancata applicazione Legge 54/1989 sull’indicazione dei luoghi di nascita dei cittadini italiani profughi dai territori ceduti alla ex Jugoslavia

 

Egregio Generale, Gentili Sigg.ri Ministri,

dopo decenni di oblio, uno dei più importanti diritti riconosciuti ai profughi giuliano-dalmati, vittime innocenti della pulizia etnica praticata al termine della seconda guerra mondiale dalle truppe di Tito, è stato quello sancito dalla Legge 54 del 1989 che prevede su ogni documento redatto da ogni Amministrazione a qualsiasi livello “l’obbligo di riportare unicamente il nome italiano del comune senza alcun riferimento allo Stato cui attualmente appartiene” (art.1 L. 54/1989).

Tale pronunciamento purtroppo è rimasto spesso inapplicato. La circolare del Ministero dell’Interno del 31 luglio 2007 ha ribadito tale diritto, confermando e rafforzando il senso logico e morale dell’applicazione della legge. Appare infatti quanto mai fuori norma che cittadini italiani nati in territori italiani -ancorché successivamente ceduti ad altro Stato- vengano registrati ancora oggi come nati all’estero, cioè in Croazia, Slovenia o altre repubbliche della ex Jugoslavia.

Dopo ripetute segnalazioni giunteci -in quanto associazione che rappresenta sul territorio nazionale gli Esuli da Istria Fiume e Dalmazia- sull’operato dell’Arma dei Carabinieri che persisteva in un atteggiamento contrario ai dettami di legge in occasione di normali denunce presentate presso i comandi locali, in data 9 ottobre 2007 abbiamo inoltrato una formale protesta al Gen. Siazzu che successivamente ci ha fatto giungere tramite il suo ufficio una risposta che chiudeva apparentemente la questione e della quale abbiamo dato ampia pubblicità tramite i nostri mezzi d’informazione.

Da allora però le segnalazioni hanno continuato a giungerci. Il caso più eclatante è quello nel quale un Esule, cittadino italiano, nato a Zara italiana nel 1939, nel proporre una denuncia alla Stazione Carabinieri di Trani si è visto registrare come nato in Croazia e -peggio ancora- come cittadino croato. Nonostante le sue rimostranze, la richiesta di applicazione della legge 54/1989 e dei dati (regolari) contenuti sul suo passaporto e nel codice fiscale, gli è stata opposta come unica motivazione il fatto che il computer accettava come comuni italiani solo quelli attualmente esistenti e la denominazione Zara era consentita solo insieme all’indicazione Croazia. Ricordiamo come l’art.2 della L.54/1989 cita espressamente che le Amministrazioni “sono obbligate, su richiesta anche orale del cittadino stesso, ad adeguare il documento alle norme della presente legge”.

Oltre all’evidente irregolarità amministrativa che ancora oggi viene proposta senza alternative agli Esuli giuliano-dalmati, sottolineiamo come il mancato allineamento dell’Arma alle indicazioni di legge crea una offesa morale nella dignità di coloro che, proprio per restare italiani, pagarono più di ogni altro il cocente debito di guerra con la perdita di ogni loro avere, l’allontanamento dalla loro terra e una scia di migliaia di morti che avrebbero voluto continuare a restare italiani.

Di fronte ad una burocrazia così lenta, a distanza di 19 anni dalla legge riguardante l’indicazione del luogo di nascita, i nostri legali stanno preparando una campagna di pubblica informazione che paventerà la denuncia di ogni singolo caso alle autorità con l’ipotesi di reato di omissione d’atti d’ufficio e falso in atto pubblico.

Vogliamo sperare, anche in memoria del valoroso ed eroico contributo dei Carabinieri nella difesa dell’italianità di Istria Fiume e Dalmazia, che l’Arma vorrà sottrarsi a questa condizione di irregolarità, per non macchiare il grande rispetto di cui gode da parte di tutta la nostra comunità sparsa su tutto il territorio nazionale.

Le recenti celebrazioni del 2 giugno hanno visto sfilare i nostri labari in tutta Italia accanto a quelli delle associazioni combattentistiche e d’Arma. Crediamo che la nostra gente possa aspirare al diritto sancito dalla legge e al rispetto morale dovuto per il loro doloroso passato. La scelta di sacrificio per restare italiani ci ha visto quindi ancora una volta in prima fila alla Festa della Repubblica, ma chiede ancora giustizia ad un meccanismo burocratico evidentemente ancora non pronto, dopo sessant’anni, a recepirla.

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